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Fenomeni e fonemi: il blog di Tommaso Giartosio |
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Niente unioni di fatto nel programma dell'unione |
12 febbraio
2006 |


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La formula usata del programma dell'Unione - "riconoscimento giuridico di diritti, prerogative e facoltà alle persone che fanno parte delle unioni di fatto" – questa formula è il segno di un tradimento consumato? No.
E’ un felice compromesso tra le diverse anime dell’Unione? Neppure.
E’ soltanto bassa politica. La politica dei mezzucci e delle mezze parole.
Si dichiara che i diritti saranno riconosciuti alle persone, il che è ovvio: anche nel matrimonio i diritti sono riconosciuti (anche) agli sposi. Non si dice che i diritti saranno riconosciuti a una nuova entità giuridica detta unione di fatto: però non si dice neppure che questo non accadrà. Si lascia la strada aperta al riconoscimento delle unioni di fatto: ma senza dire che lo si farà. Così Rutelli può vantarne la sconfitta, e Bersani dichiarare invece che saranno necessarie “nuove formulazioni di tipo giuridico”.
L’Italia si avvia verso le unioni civili, che se vince il centrosinistra arriveranno e avranno la forma di un pallidissimo istituto giuridico - arriveranno: ma a patto che nessuno lo ammetta. Soprattutto non ora, in campagna elettorale.
Certo, tutto questo fa abbastanza schifo. Il senso delle unioni di fatto (come di qualsiasi altra legge a tutela di gay e lesbiche) sta nel riconoscimento dell’importanza e del valore delle nostre esistenze, più ancora che nei singoli specifici diritti che esso ci garantisce. Negare questo riconoscimento significa impoverire l’intero paese. Significa fare ancora una volta della politica italiana una cosa senza respiro, una cosa da salottino.
Qualcuno dirà che ci sono momenti in cui la politica deve passare per i salottini. Momenti, forse. Non decenni, non secoli.
Cosa possiamo fare? Credo che Sciltian Gastaldi (il suo blog: http://anellidifumo.ilcannocchiale.it) abbia ragione a consigliare a ciascuno di noi di votare per la Rosa nel Pugno, e al tempo stesso nel nutrire sani dubbi, soprattutto (interpreto) per quanto riguarda il donchisciottismo radicale − e lo dico sapendo che ai Radicali il movimento gay storicamente devo molto.
Condivido anche la sua idea di fare di questo brutto momento un’occasione di riflessione individuale e collettiva, forse anche (come lui suggerisce) con un grande incontro.
Non credo, invece, che sia una buona idea che il movimento prenda posizione rispetto alle elezioni, con il ritiro delle candidature o l’astensione (proposte di Giovanni Dall’Orto) o con un’esibita (sottolineo:esibita) concentrazione di voti sulla RnP (proposta di Sciltian). Perché? Perché in realtà non disponiamo ancora di una potenza elettorale (sottolineo: elettorale) abbastanza significativa da essere notata. Non ce l’abbiamo, e non ci conviene farlo notare.
Una minoranza è elettoralmente forte quando trascina i voti della maggioranza. Personalmente sono convinto che in questo momento la maggioranza degli italiani sia serenamente favorevole alle unioni civili e serenamente inconsapevole della loro importanza, così come è nettamente contraria all’omofobia e saldamente ignara (fino all'ipocrisia) della sua gravità e pervasività. Un paradosso, ma è un paradosso anche essere contrari alla fecondazione assistita e favorevoli all’aborto. Eppure la maggioranza degli italiani è così.
La maggior parte della società civile non ci ha ancora accolti nella pòlis: ha simpatia per le nostre istanze, ma non le ha a cuore. (Su questo D’Alema ha ragione: "Non credo che per gli italiani questa sia la questione fondamentale”. Dove ha torto, gravemente torto, è nel pensare i Pacs come una zavorra e non come un motore.) Per ora dobbiamo continuare a usare l’arma che da sempre usiamo meglio, la comunicazione. Non siamo forse la minoranza meno ghettizzata che ci sia − diffusi in tutti gli ambienti, in tutte le famiglie? E allora tv, Pride, giornalismo, Oscar, romanzi, litigate con gli amici, pianti con le mamme e i papà, coming out. Non siamo una grande forza elettorale, ma siamo una straordinaria, irripetibile forza dell’incontro, del dialogo, dello stimolo emotivo e intellettuale. E presto saremo anche una grande forza nelle urne.
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I vostri commenti
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Il commento di Tommaso Giartosio |
20 marzo
2006 |


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Sì, ho cercato di usare la mia misoginia (che c'è) contro se stessa. Una logica alfieriana, come vedi. A proposito di Alfieri, una piccola correzione: "Doppio ritratto" non è un romanzo ma un saggio romanzesco, un saggio che vorrebbe muoversi come un romanzo. Grazie ancora, Teresa: il paragone con un capolavoro come "La paura mangia l'anima" mi mette dentro tantissima allegria. |

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Il commento di Teresa |
19 marzo
2006 |


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di maneggiare con apparente asprezza, disprezzo, o gelo - in realtà vera pietà - il dolore delle esistenze, propria e altrui. Forse per via del ragazzo, per "Doria" si ripensa ai suoi "Angst essen Seele auf" (Alì) e "Katzelmacher" (Jorgos). Grazie per la pietà con cui guardi alle cose. La direi ebraica. Invoglia a leggere altro: ho visto che c'è un tuo romanzo con dentro Alfieri, che mi è caro per l'opera tutta, e per Mirra sopra a ogni cosa. |

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Il commento di Teresa |
19 marzo
2006 |


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"Doria". Idem come per "don Aldo": sai infilzare (come si infilzano, per fissarli su un supporto, una farfalla, un coleottero) la disperazione delle vite dei tuoi personaggi con una grande lucidità, che si traduce in altrettanto grande pietas. E della migliore, perché tanto priva di sentimentalismo quanto piena di asciutta compassione per l'altro, nello specifico per degli altri (don Aldo, Doria, Mariano, persino il vecchio prete che finge male in d.A.) che si intuiscono totalmente altri-da-te - il che, ovviamente, aumente la difficoltà. Con "Doria" corri un rischio: può apparire un testo misogino, anche fortemente tale. Non lo è, per ragioni direi fassbinderiane: ricorda il suo modo |

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Il commento di Tommaso Giartosio |
16 marzo
2006 |


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Grazie, Teresa. Oggi (16 marzo 2006) mi manca la scrittura del blog, che in questo periodo langue a casua di impegni vari. Mi manca questa possibilità di scambio. Dunque grazie, e fammi poi sapere cosa pensi di "Doria". |

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Il commento di Teresa |
15 marzo
2006 |


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Ho letto ieri il primo dei tuoi due racconti su Men on Men 1. Bello e lucidissimo, come questo tuo post, di cui mi colpisce la frase "...così come è nettamente contraria all’omofobia e saldamente ignara (fino all'ipocrisia) della sua gravità e pervasività". Leggerti è un piacere: verità, lucidità, stile. Tornerò a votare radicale come da ragazza, nutrendo la tua stessa stima retrospettiva per loro, ma anche le tue fondate perplessità. |

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Il commento di T.G. |
13 febbraio
2006 |


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Condivido i sentimenti di Aelred, di meno i calcoli di Sciltian. Ma grazie per la voglia di dialogare. |

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Il commento di Sciltian Gastaldi |
12 febbraio
2006 |


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Caro Tommy, sono contento che ci sia una certa condivisione della mia proposta. Andiamo a questi Stati Generali del movimento e prendiamo una decisione il più unitaria possibile. Forse non siamo in grado di spostare il 10% dei voti, ma io penso che il 2% lo possiamo spostare eccome. E siccome al Senato ci sarà molto probabilmente una situazione di stallo, il nostro diventa un capitale molto interessante anche sul piano elettorale. Ah, hai inteso benissimo riguardo al donchisciottismo dei Radicali. |

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Il commento di aelred |
12 febbraio
2006 |


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Tommaso, non so.
è vero quello che scrivi sull'ipocrisia e sul non ammettere in campagna elettorale ciò che (probabilmente) si farà dopo.
Il problema è che non ci possiamo più fidare. già una volta (nel 2000) i cattolici del centrisinistra dissero No alle unioni gay, sostenendo che "non erano nel programma".
Eppoi, posso dirlo, una sinistra che ha paura di sostenere e difendere i diritti di una minoranza è una sinistra che mi fa orrore o pena. |

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