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Marosia Castaldi: A vivere si impara |
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Una lettera |
2 settembre
2004 |


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Stanotte ho scritto una lettera lunga alle mie figlie. Non sapevo nemmeno che cosa avevo scritto. Non volevo rileggere. Poi ho riletto. Non volevo che la lettera facesse loro male. Il padre è andato da tempo via di casa. Soffrono come soffro io, ma ora soffriamo meno. Ora guardo le cose da lontano. Per questo ho potuto scrivere una lettera alle figlie. Rileggendo, sentivo un tono appassionato ma anche lievemente zuccherino. Ma come? Io che ho rotto piatti, urlato, io che ho detto: “E’ uno stronzo vostro padre”, ora scrivo questa lettera per dire alle mie figlie che la vita è una prateria immensa piena di bellezza e di cavalli liberi e selvaggi e che nessuno ha colpa veramente, che, anzi, è meglio se questa parola la eliminiamo dal nostro linguaggio familiare. Sono proprio io che ho scritto? Sì sono io.Non sono mai stata una madre che tappa le ferite, che dice: “E’ buono” anche se lo odia, ma ora guardo le cose da lontano. E quando si guarda da lontano si comincia morire un poco dentro, ma è una buona morte. E’ accettare che tutto può morire: un amore,una casa,un desiderio. E tuttavia, attraverso tutte queste morti, si strappano catene. Allora , morendo, si comincia a vivere di nuovo. Ti dai e dai agli altri la libertà di andare, perfino quella di morire. Dura un istante questa libertà così assoluta vivendo nella quale ho scritto alle mie figlie. Magari domani di nuovo dirò le mie cattive parole e parolacce che loro non ripetono mai, forse perché sui ragazzi la libertà lascia un marchio molto più marcato. Siamo noi adulti che creiamo le catene.
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I vostri commenti
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Il commento di alex |
6 settembre
2004 |


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Ohoh... se scripta manent non sarà desiderio di lasciare "visioni" politically correct di quel che un giorno sarai per loro?! Mio figlio, 4 anni, mi ha chiesto chi ha rubato la piccola Denise e perché quei bimbi correvano nudi fuori dalla scuola... forse se scrivessi lui sarei più tenero che a parole ma per fortuna non sa ancora leggere. |

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Il commento di Silvano |
2 settembre
2004 |


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La morte non è mai buona. E' morte e basta. Guardare da lontano non significa necessariamente cominciare a morire, forse è solo incapacità a vedere e non semplicemente a guardare. E' la vita che è bella, perchè vita, con le parolacce, con le catene spezzate o le finte catene, con nuovi desideri, forse con la voglie di raccontarsi e perchè no, vivere un pezzetto di vita pieno di incognite. |

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