Alcuni recenti sondaggi segnalano un incremento dell´antisemitismo nell´Europa
centrale e occidentale; e il governo israeliano ha accusato di antisemitismo l´Ue.
"Da quanto ho potuto leggere e osservare intorno a me, questa diagnosi
coincide con la realtà. Del resto, in quasi tutti i paesi europei si rileva da
alcuni decenni un potenziale costante di certi atteggiamenti e pregiudizi, che
riguarda il 15% circa della popolazione. E´ difficile dire se oggi questo
potenziale sia solo più palese, manifestato in maniera più evidente, o se sia
effettivamente in crescita. Non esistono, che io sappia, ricerche affidabili in
proposito".
La politica israeliana in Palestina contribuisce all´ascesa dell´antisemitismo?
"Indubbiamente, nella misura in cui le critiche, seppure di ispirazione
progressista, contro la politica autodistruttiva e senza prospettive del governo
Sharon hanno creato un diverso clima d´opinione; e in questo clima i
risentimenti alimentati da tradizioni di segno ben diverso hanno modo di
diffondersi surrettiziamente. Una conseguenza ancora più sgradevole ha avuto in
Germania la polarizzazione dell´opinione pubblica sulla questione della guerra
in Iraq. Dalla fine della seconda guerra mondiale, molte famiglie ebraiche si
erano gradualmente convinte a rimanere nella Repubblica federale tedesca,
perché in ultima istanza confidavano nella protezione degli Stati Uniti.
Perciò, anche tra i progressisti la politica portata avanti dal governo Bush,
in violazione del diritto internazionale, ha aperto una nuova, dolorosa
spaccatura tra cittadini ebrei e non ebrei, deteriorando un prezioso capitale di
fiducia. A maggior ragione dovremo impegnarci a mantenere viva nell´opinione
pubblica la consapevolezza del rischio: questo perché in Germania
l´antisemitismo è un pericolo maggiore di quanto lo sia in altri paesi,
sebbene altrove si manifesti a volte in maniera più eclatante".
Vede un rapporto tra antisemitismo e antiamericanismo?
"Sì; e questo rapporto ideologico è caratteristico di quel
nazionalismo radicale che a suo tempo contribuì in maniera decisiva alla caduta
della Repubblica di Weimar. In Germania, l´antiamericanismo è stato sempre
legato ai movimenti più reazionari, e serve tuttora da copertura agli
antisemiti incorreggibili. La paura scatenata da questo complesso storico
annebbia il dibattito, e spiega i sospetti suscitati a volte dalle critiche e
proteste, per quanto giustificate, contro la guerra in Iraq e la politica del
governo Sharon".
Come distingue l´antisemitismo dall´antisionismo?
"Sul piano analitico si possono fare distinzioni concettuali che nell´uso
politico si sono oramai stemperate. L´antisionismo può non avere connotazioni
antisemite unicamente ed esclusivamente quando esprime riserve che opporrebbe
allo stesso modo agli effetti negativi di qualunque forma di nazionalismo. Molti
eminenti intellettuali ebrei non sono sionisti. Nella pratica però, oggi
l´antisionismo è screditato. Dopo l´Olocausto, quale europeo potrebbe negare
a Israele il diritto di esistere, o chiamarsi fuori da questa questione
politico-esistenziale?".
Si può parlare di un antisemitismo di sinistra? E se così fosse, quali
tratti lo differenziano da quello tradizionale?
"Storicamente, c´è stato un antisemitismo di sinistra, sotto forma di
una torbida mescolanza di motivazioni anticapitaliste e antisioniste. In
generale, le riserve della sinistra nei confronti delle radici nazionaliste del
sionismo erano alimentate dalle tradizioni cosmopolite illuministe che avevano
contribuito alla tolleranza assai più che alla xenofobia. Il fatto è che a
volte si creano commistioni ideologiche contraddittorie, il cui collante è
spesso la paura dello sradicamento, o quella della perdita del proprio status.
L´antisemitismo di destra e di sinistra trovano il loro punto d´incontro nel
complesso dei sentimenti etnocentrici o xenofobi di settori della popolazione
che si sentono minacciati dai processi di modernizzazione".
Il caso del deputato della Cdu Martin Hohmann - espulso dal gruppo
parlamentare del suo partito per le sue recenti esternazioni antisemite
-potrebbe costituire un esempio di antisemitismo intellettuale. Ritiene che nell´Europa
centrale e orientale gli ebrei siano realmente in pericolo?
" Nel caso di Hohmann si può effettivamente parlare di una forma
"intellettualizzata" di antisemitismo. Anna Freud concepiva l´ "intellettualizzazione"
come una strategia difensiva: la traduzione di motivi inconsci in
un´argomentazione a freddo, privata della componente emotiva. Il caso Hohmann
va inteso nel contesto tedesco dell´ "elaborazione" del passato
nazista. Dopo una fase di rimozione e di "incapacità di esperire il
lutto" (secondo l´espressione dello psicanalista Alexander Mitscherlich)
durata fino agli anni ?50, abbiamo vissuto fasi alterne, con un susseguirsi di
tentativi di confrontarci radicalmente con il periodo nazista e di appelli al
ripristino della "normalità". A mio giudizio, il dibattito non si è
affievolito, quanto meno nell´ambito dei mezzi di comunicazione o nelle sedi
pubbliche. Il cambiamento è di altro tipo. Se nel corso dei decenni c´è stata
effettivamente un´evoluzione, in senso più liberale, del modo di pensare
politico della popolazione, è stato solo grazie a una barriera, informale ma
effettivamente funzionante, tra quanto si poteva dire in pubblico e i pregiudizi
espressi in privato. Questo meccanismo ha nuovamente svolto la sua funzione nel
caso di Hohmann. Tuttavia, a tre generazioni da Auschwitz gli atteggiamenti
politicamente nefasti dovrebbero poter essere esposti al ludibrio politico anche
senza l´aiuto di una barriera eretta in qualche modo artificialmente, con
intenti pedagogici, tra l´opinione pubblica e quella informale".
In Spagna è molto diffuso un atteggiamento xenofobo verso i magrebini; lo
stesso avviene in Germania nei confronti dei turchi, e in Francia degli arabi in
generale. Tutte queste manifestazioni, che si potrebbero designare con il
termine comune di islamofobia, non rappresentano un pericolo anche più
inquietante dell´antisemitismo?
"La distinzione tra i vari paesi è già contenuta nella sua domanda;
anche in Inghilterra ritroviamo lo stesso problema, ma con connotazioni
specifiche. L´attuale sfida all´Occidente da parte del mondo islamico si
presenta in ciascun paese sullo sfondo delle rispettive esperienze nazionali. In
Germania, l´antisemitismo era ed è tuttora il barometro e il segnale
d´allarme dello stato in cui versa la cultura politica. In questa sindrome si
addensano i motivi più oscuri e imperscrutabili, le cui radici affondano a
volte anche nelle nostre tradizioni migliori e più antiche, che assai prima del
nazismo hanno sviluppato un vigore capace di plasmare le mentalità. D´altra
parte, i sentimenti xenofobi rivolti contro i componenti della nostra minoranza
più consistente e più visibile, quella islamica, nasce dalle stesse paure e
proiezioni che sono all´origine dell´antisemitismo. Di fatto, questi
atteggiamenti sono anche più diffusi, e trovano maggior comprensione in ambito
pubblico. I partiti conservatori, che condannano duramente l´antisemitismo, non
esitano a trarre vantaggio dall´islamofobia, come dimostra l´attuale dibattito
sull´ingresso della Turchia nella Ue".
Cosa pensa del divieto del velo e di altri simboli religiosi nella scuola
francese?
"Con tutto il rispetto per la grande tradizione francese repubblicana e
laica, credo che questa misura renda più difficile l´auspicata integrazione
degli arabi. Meglio sarebbe dar prova di una maggiore serenità, a fronte del
desiderio di identità culturale e di riconoscimento politico di una minoranza
religiosa. Vada per le insegnanti, che rappresentano l´autorità davanti a
tutta la classe, ma perché mai le alunne non dovrebbero poter tenere un velo in
testa, o una croce al collo?".
(Traduzione di Elisabetta Horvat)
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