Lessing: La rivoluzionaria si è arresa alle telenovelas
Intervista di Deborah Ross, tratta da "il Corriere della Sera", 29
giugno 2002
Cavoli, Doris Lessing. Solo l'idea è così spaventosamente intimidatoria:
dicono che abbia un’intelligenza feroce, dicono che sia una delle più grandi
scrittrici del nostro tempo. E cos’ha scritto? Ventotto romanzi, o sono
ventinove? E' dura mantenersi all'altezza; in più, c’è stata una valanga di
non fiction, poesie, opere e drammi. Cavoli, Doris Lessing. Solo il nome è
così spaventosamente intimidatorio. Ci incontriamo negli uffici dell'Istituto
reale nazionale per i ciechi dove la signora Lessing ha trascorso la mattinata a
registrare brani del suo
Il sogno
più dolce, per un’antologia di libri sonori per non vedenti. Lei è
proprio piccolina, sebbene abbia un che d’imperioso. Il suo volto è saggio e
simile a cuoio, come quello di un capo pellerossa, la sua capigliatura grigia è
ritorta in una crocchia di stile quacchero. Adesso ha 83 anni. La spaventa la
morte, signora Lessing? "No, son o troppo vecchia per farmi spaventare
dalla morte, ma si diventa molto stanchi, sa? Quando si è giovani, ci si
precipita dovunque con tutta quell’energia, adesso è una tale fatica.
Ottantatrè. Non potrò durare ancora molto a lungo, no? È abbastanza, è
abbastanza, davvero". Si sgomenta quando le dico che esistono moltissimi
siti Internet dedicati allo studio dei suoi testi. I libri, dice, non andrebbero
paragonati, messi in contrasto, disossati, sezionati e psicanalizzati.
"Devono solo essere goduti", sottolinea. Mi domando chi lei ammiri,
nella letteratura; dice che al momento sta rileggendo
Il signore degli anelli.
"È un libro immaginifico. Regge così bene". Si ricorda del primo
libro la cui lettura ha trovato assolutamente impossibile da interrompere?
"
Guerra e Pace, penso. Quando ho scoperto i russi me ne sono
intossicata per mesi. Che libro!". Se potesse rubare un racconto di qualcun
altro e firmarlo, quale sarebbe? "Il cappotto di Gogol", risponde.
"È un piccolo libro perfetto". Pensa che qualcuno dei suoi racconti
circolerà ancora tra, diciamo, cent’anni? "Mi piacerebbe proprio sapere
quale, se ce ne fossero, sarebbe ancora in circolazione. Proprio non si può
dire. Potrebbe sopravvivere
Il
taccuino d’oro, come curiosità, e perché ricapitola il tempo
piuttosto bene". Come vede il suo talento per la scrittura? Come un dono?
"È solo quello che sono - dice - e bisogna avere fortuna: è molto
importante". Fortuna? "Il successo del mi o primo racconto,
The
grass is singing (
L’erba canta edito da La Tartaruga, ndr), che si
addentra in un terreno proibito, trattando del rapporto tra la moglie di un
fattore bianco e il suo servitore nero in Rhodesia, è stata fortuna. Se fosse
stato pubblicato cinque anni più tardi, non sarebbe andato così bene". Ma
la gente lo sta ancora leggendo, analizzando, sezionando e disossando cinquant’anni
dopo. "È un buon racconto - dice - ma l’impatto che ebbe all’epoca fu
fortuna. Non bisogna mai sottovalutare questo". Le chiediamo se si stia
interessando dei Mondiali: "Seguivo le vicende dell’Inghilterra. Una cosa
davvero eccitante: amo il dramma, è meraviglioso". È vero quel che si
dice, che abbia una cotta per David Beckham: dopotutto, ha le gambe più
voluttuose. "Non ho mai fatto caso alle sue gambe - risponde - ma è
estremamente di bell’aspetto, non trova? E così nobile; si comporta come se
fosse uscito dal
Signore degli anelli". Le chiediamo a che cos’altro
si interessi. Dice che le sono sempre piaciuti moltissimo i vestiti "anche
se, ai miei tempi, non c’era una gran scelta. Di solito, ricavavo i miei abiti
dai modelli di ‘Vogue’, vestiti lunghi molto fascinosi. Adesso, loro
sarebbero troppo lunghi ed io troppo grassa". Qualcos’altro? Confessa di
essere al momento piuttosto presa da
Neighbours (I vicini), la telenovela
australiana. Doris Lessing presa da
Neighbours? "Ho scoperto di
esserne semplicemente affascinata. Per metà del tempo, sono solo deliziata dal
suo nonsenso; non riesco a credere che stia succedendo davvero. E, un’altra
cosa, con tutta quella luce del sole è una specie di Isola che non c’è.
Tutti che corrono in giro in bikini, e le ragazze sono così carine ". Un’Isola
che non c’è. La signora Lessing una volta credeva in un’Isola che non c’è,
nei suoi celebri giorni della linea dura comunista, ma ora ha chiuso con tutto
ciò. Le chiediamo se pensa che il comunismo potrà mai essere di più che un’ideologia.
"Ne dubito. Non nel modo in cui ci siamo strutturati. Il comunismo ideale
la roba in cui credevamo quand’eravamo giovani e pazzerelli era davvero una
replica del Paradiso. Gente perfettamente intelligente convinta che, 15 anni
dopo la guerra, non ci sarebbero più stati odi o razziale, disparità tra i
sessi, cattiveria con le persone anziane o povertà. Ci credevamo seriamente, e
oggi mi chiedo se non soffrissimo di un rammollimento del cervello, perché la
vita non è affatto così". Le dico che quello che ho ricavato dal suo
racconto più recente
Il sogno più
dolce, è che, mentre le grandi idee vanno tutte benissimo, sono i
piccoli gesti che fanno la differenza. "Credo che fare quello che si può
per chi ci sta intorno sia il meglio che possiamo fare. Mi è venuta una tale
profonda sfiducia per ogni sorta di grande idea, ma credo che sia tipico della
mia generazione. Ne abbiamo viste finire male troppo spesso". Quali grandi
idee ha visto finire male? "Non credo che il femminismo abbia preso la
strada che mi sarebbe piaciuto prendesse. Quello che avevo contro le femministe
degli anni ‘60 era che non portavano a compimento quello che avrebbero potuto
fare. Erano così occupate a pavoneggiarsi sui palcoscenici, e non è quella la
maniera di cambiare le cose; le co se le cambi sgobbando, con i comitati e
portando dalla tua parte i parlamentari. È il movimento più autocompiaciuto
che sia mai esistito. Ha creato un clima interessante, che ha reso le cose più
facili alle donne, ma se si pensa a quello che avrebbero potuto realizzare con
tutta quell’energia!". Qualcos’altro? "Lo Zimbabwe (dove è
cresciuta, e che all’epoca si chiamava Rhodesia, ndr) è un pezzo di cuore
infranto. Siamo stati un po' troppo sentimentali in proposito. Ancora una volta,
vede, credevamo che quando il potere sarebbe stato dato ai neri perché
credevamo cose così sciocche? Perché i neri dovrebbero essere migliori di
chiunque altro?". Rimane qualche ideologia politica nella quale valga la
pena di credere? "No, per me non ce ne so no. Mi piace giusta l’idea di
democrazia, quando ce n’è, ma non credo che attualmente ce ne sia
molta". Per chi vota nelle nostre elezioni? "Per i liberaldemocratici".
Pausa. Poi: "Per quel che può valere". Francamente, non si riesce ad
immaginare che la signora Lessing sia mai stata sentimentale. Si torna,
suppongo, a quella scheggia di ghiaccio e al distacco emotivo quasi giudiziario
così gelidamente evidente nei grandi scrittori. A un certo punto, le chiediamo
del fratello minore, Harry, che lei adorava tanto quand’erano piccoli: come va
adesso il loro rapporto? "Be’, vede, c’era la politica: lui sosteneva
la causa dei bianchi, io quella dei neri. Non ci siamo parlati per trent’anni,
ci siamo solo scambiati rigidi appunti, poi ci siamo incontrati, e, sa, ci sono
volte in cui le etichette diventano irrilevanti. Non si può chiamarlo un
reazionario, era al di là dell’essere reazionario, era un razzista quale non
potrebbe credere, così dovevo soltanto restarmene buona tutto il tempo.
Bisognava solo stare zitti e dare ascolto a tutto quel veleno". Le è
rimasto un po' d’amore per lui, ciononostante? "Non lo amavo. Gli volevo
bene quand’era piccolo, ma poi è diventato parecchio noioso». Amava sua madre? «Oh, qui
scopriamo un vermicaio. Lasciamola fuori». È l'unico momento in cui è brusca;
in realtà non lo è, per niente. Tento di tornare a sua madre, Emily, che finì
in Rhodesia quando il padre di Doris, il capitano Alfred Taylor, un mutilato di
guerra, pensò che avrebbe potuto fare la fortuna della famiglia acquistando del
terreno laggiù per farne una fattoria. La fattoria non riuscì particolarmente
bene ed Emily non era particolarmente felice. «Mia madre avrebbe dovuto sposare
un grossista e restarsene in Inghilterra. No n aveva la minima idea di dove
stesse andando e si portò un pianoforte, tendine liberty, vestiti di Harrod' s
e biglietti da visita». I suoi successi letterari però l' avranno lusingata?
«Non le piaceva quello che scrivevo. Vedeva The grass is singin g come un libro
molto sedizioso; tutti i bianchi lo odiavano. Lei lo odiava; non la critico per
questo. Per lei è stata dura avere una figlia come me, era una brava donna
convenzionale, amante dell' Impero Britannico». Doris andò via di casa a
quattordici anni, e sposò Frank Wisdom, un attendente civile, a diciannove. Ha
provato a vivere la vita coloniale, ma non ci è riuscita. «Le ho fatte tutte,
la cucina, i bambini, ma mi annoiavo fino alle lacrime». Alla fine, lasciò il
marito per Gottfrid L essing, un comunista della linea dura. Lasciò dietro di sé
anche due bambini, Jean e John. Con Gottfried ebbe un figlio, Peter, ma il
matrimonio non durò a lungo. Lei però è rimasta attaccata a «Lessing». Com'
è successo? «Perché ero stata Taylor, ero stata Wisdom e dovevo pensare a mio
figlio, sarebbe stata dura per lui». Sa che «signora Doris Beckham»
suonerebbe proprio bene? «Chissà», risponde, «potrebbe succedere». Si è
mai presa una cotta per qualcuno famoso? «Oh, sì. Tutte le ragazzine si
prendono cotte per gente ben conosciuta. A me piaceva Gregory Peck». Lei adesso
vive da sola a West Hampstead, dove il suo giardino è andato in rovina, spiega,
perché lei non può più chinarsi per curarlo. Cosa mangia? «Come tutti quelli
che vivono da soli, panini, mele, formaggio, e porridge e farina d' avena con la
panna». Non si sente mai sola? «No. Mi piace la solitudine; è davvero
preziosa. Sola? Voglio dire, come si fa ad ottenere la solitudine? Quando sei
giovane, pensi che nuoterai in quel lago meraviglioso con un sacco di tempo a
disposizione, ma poi diventi sempre più affaccendato adesso la facciamo finita
con quest'intervista vergognosa?».
© The Independent (traduzione di Laura Toschi)